Burgio è uno di quei luoghi della Sicilia in cui non ci si trova per caso : bisogna scegliere di andarci.
E per sceglierlo bisogna almeno conoscerlo, bisogna che qualcuno ce ne abbia parlato.
In questi ultimi anni i turisti a Burgio si sono moltiplicati.
Le diverse occasioni proposte dall'Amministrazione Comunale, i Musei restaurati, le Chiese ed i Conventi riconsegnati alla fruizione del pubblico, le mostre sull'arte della ceramica sono state soltanto alcune delle opportunità da non perdere per arricchire le proprie conoscenze.
La Sicilia è piena di luoghi da riscoprire e di posti da valorizzare. Burgio è sicuramente uno di questi e non conoscerlo significa avere perso un'occasione unica : qui arte e natura, cultura e tradizione costituiscono un patrimonio che si arricchisce ogni giorno di più.
Non basta un giorno per visitare Burgio; ma in un giorno si possono sicuramente apprezzare tanti gioielli che questo splendido paese della Sicilia possiede; tante piccole perle racchiuse tutte insieme in un unico scrigno.
Offriamo di seguito una guida ricca di immagini e notizie : un punto di partenza per desiderare di vedere di persona questi tesori !
Ed inoltre, diamo la possibilità di scaricare una guida in francese, frutto di un lavoro del 2006 realizzato dalla scuole media Roncalli. (vedi articolo sulla stampa).
Bosco dei Sicani e Riserva Naturale Orientata “Monti di Palazzo Adriano e Valle del Sosio”
Il Bosco dei Sicani è molto grande; si estende per tutta la provincia di Agrigento e copre parte della provincia di Palermo.
Le sue valli ricche di vegetazione sono attraversate da torrenti e fiumi che ne rendono suggestive le valli. In alcuni punti essi formano dei veri e propri canyon scivolando, poi, sino al mediterraneo.
Fu il luogo in cui si insediarono alcuni tra i primi abitanti della Sicilia : i Sicani.
Burgio ricade all’interno della “Riserva naturale Orientata Monti di Palazzo Adriano e Valle del Sosio”.
La Riserva è stata istituita con D.A. 481 del 25/7/97 (Piano Reg.).
Ha un’estensione di 5.862 ettari di cui 3803 di Zona A e 2059 di Zona B.
Al suo interno ricadono i Comuni di Palazzo Adriano, Chiusa Sclafani, Burgio, Bivona. Sono anche regolamentate le attività consentite, tra cui quelle agro-silvo-pastorali.
La vasta area della riserva è ricca di fossili alcuni risalenti al Trias Medio, altri a più di 200 milioni di anni fa. Le montagne assumono ogni tanto forma di gole calcaree che tracciano il letto del fiume Sosio. Questo percorre gran parte della Riserva per poi riversarsi nel lago Favara che riceve pure le acque del torrente Landoni al molino Favara.
In questo passaggio il fiume Sosio si trasforma nel fiume Verdura che continua il suo cammino sino a sfociare nel mar Mediterraneo, all’altezza della Torre Verdura.
La Riserva naturale è orientata, cioè ha lo scopo di tutelare gli aspetti geologici e geopaleontologici di calcari compatti, ma anche le diverse varietà floreali e faunistiche in essa presenti.
Flora
Boschi e boscaglie con le essenze arboree e arbustive tipiche dell’entroterra siciliano. In particolare sono presenti : Lecci, Roverelle e popolamenti di conifere e altre essenze. Si può pure ammirare il Pino Marittimo (Pinus Pinaster), il Pino Domestico (Pinus Pinea), il Pino d'Aleppo (Pinus Halepensis) ed il Carpino Nero.
Fauna
Numerose le specie animali che vivono nel territorio. Tra i mammiferi il Gatto selvatico e la Martora e tra i rettili la Vipera.
Vari specie di uccelli, tipiche degli ambienti montani e collinari, volano tra le gole e le cime dei monti: l’aquila reale, il Nibbio reale, l’aquila del Bonelli, lo Sparviero, l’Allocco e il Codirossone. Altri rapaci più comuni abitano l’intera area: il Falco, pellegrino, il Lanario, il Ghebbio e il Grillaio.
Area attrezzata della Menta
L’ente gestore della Riserva è l’Azienda delle Foreste demaniali della Regione Siciliana che gestisce pure l’area attrezzata della “Menta”.
Si trova a 550 metri sul livello del mare, nel complesso boscato di S.Adriano.
In essa è possibile trascorrere una tranquilla giornata all’aperto, senza doversi preoccupare di nulla poiché è fornita di punti cottura, tavoli, panche, servizi igienici, fontanelle con acqua ed un parcheggio.
Partendo da qui è possibile arrivare sino all’antico Monastero di S.Adriano, oggi quasi inesistente se non in forma di rudere.
Nell’area è stata realizzato un impianto di pini mediterranei misto a lecci naturali, per preparare il suolo al bosco definitivo di specie quercine.
Come raggiungere la Riserva
Provenendo dalla strada statale n. 118 (Corleonese-Agrigentina), prima di arrivare al Comune di Burgio, a meno di 3 chilometri, a sinistra una strada prima asfaltata e poi bianca classificata "regia trazzera" ci consentirà di raggiungere il complesso boscato di S.Adriano, nella valle del fiume Sosio.
Percorrendo tale arteria, dopo circa 5 chilometri, in parte in mezzo al bosco ed in parte esternamente allo stesso, a destra una strada ci condurrà all'area attrezzata della Menta.
Le campane di Burgio
Storia della Fonderia
A Burgio esiste l’unica fonderia di campane della Sicilia, una delle poche esistenti in Italia. E’ stata fondata nel 1500 dalla famiglia Virgadamo che ha tramandato, di padre in figlio, la passione per
quest’arte, oggi diventata un’attività professionale per gli eredi. La fonderia ha prodotto campane per secoli, esportandole in molti paesi d’Italia e del mondo. Dalla limitrofa Chiusa Sclafani, con una campana del 1750 che ancora oggi chiama a raccolta i fedeli della Chiesa Madre, alla campana della M.SS. della Magione a Palermo, al Madagascar ed al Venezuela l’arte dei Virgadamo è presente in molti luoghi. Per questo essi hanno conquistato meriti professionali che hanno consentito loro di ricevere riconoscimenti prestigiosi (iscrizione nell’albo d’oro per meriti professionali, il Telamone e diversi attestati e trofei). Lo stesso Mario Virgadamo ha ideato i primi apparecchi di elettrificazione delle campane che ora sono stati sostituiti con il nuovo metodo delle campane a oscillazione o a balzo.
Negli anni un secondo artigianato, Rocco Cacciabaudo, ha dato il suo apporto alla continuazione di quest'arte campanaria, aprendo, nella stessa Burgio, una propria fonderia.
Procedimento di lavorazione
“La tecnica di lavorazione della campana ha subito, nel corso del tempo, notevoli cambiamenti.
Per prima cosa si sviluppa la misura della campana su carta e, poiché ognuna di essa deve essere dotata di un particolare accordo musicale, vi è una tabella nella quale vengono enumerati i rapporti tra le note musicali, diametro e peso. Su questi dati avviene l'elaborazione del modello su carta che, a sua volta, viene messo su legno sagomato e poi su un'asse rotante per fabbricare la forma.
Si costruiscono tre pezzi uno sopra l'altro: prima il c.d. maschio, poi la negativa o falsa campana, infine la cappa. Questa operazione viene effettuata servendosi di materiali come: creta bianca, concime stallatico mescolato, perché la creta non si spacchi e anche canapa, crine di cavallo.
Riguardo invece alle iscrizioni e ai fregi che sono posti sulla parte esterna della campana, si fa un getto di gesso e una di cera vergine d'api e si applica il disegno in creta, a stampo sulla falsa campana. Si pennella poi con creta bianca e crine di cavallo tagliuzzato con una particolare macchinetta ideata dal Virgadamo, perché aderisce bene con la forma e non lasci spazi vuoti. Una volta effettuata la pennellatura della forma concreta, si innaffia l'interno della stessa in modo da farla riscaldare e sciogliere i fregi. Quindi si tolgono la cappa e la falsa campana dà lo spessore della campana vera e propria. Dopodiché si passa alla fase più delicata di tutta l'operazione: la fusione, che avviene a fiamma riverberata e per la quale vengono usati stagno vergine e rame rosso per la forma bronzo. Questo fonde a 1.100 gradi di temperatura e viene mescolato con un legno stagionato per impedire che il bronzo indurisca se imbevuto d'acqua. Completata la fusione che come detto sopra è un momento molto delicato, perché da essa dipende la buona riuscita della campana, si procede alla pulitura e lucidatura, anche questa fase viene effettuata con un macchinario ideato da Virgadamo; invece la pulitura dell'iscrizione viene fatta a mano con martello e scalpello. L'istallazione viene effettuata dalla ditta stessa e richiede non poca attenzione per il calcolo dei pesi, l'altezza, ecc..
Gli attrezzi del mestiere
Il procedimento di lavorazione della campana sin qui descritto si tramanda da parecchi secoli di generazione in generazione.
Oggi, morto Mario, ultimo erede dei fondatori Virgadamo, la bottega è nelle mani del giovane nipote, poco più che ventenne, Luigi Mulè Cascio. E' a lui che si deve la continuità di un'attività e di un'arte che, altrimenti, sarebbe andata dispersa. La sua passione, nata dalla continua frequentazione del nonno e dall'apprendimento dei segreti da questi tramandati, è stata arricchita da conoscenze con gli studi che sta completando preso l'Accademia delle Belle Arti di Palermo.
Ieri come oggi, la tradizione viene portata avanti con gli stessi strumenti di precisione e gli stessi marchingegni di sempre.
Parte dei testi di questa pagina sono stati attinti da http://www.campanevirgadamo.it
Castello
Scheda Nome : Castello Peralta
Forma : Rettangolare
Misure : lungo m. 20,10; largo m. 12,10;Altezza : m. 17,50; spessore mura esterne : m. 2
Pianterreno : due vani con volte a botte, a sesto acuto
Primo piano : tre vani. I due laterali con volte a botte, a sesto acuto
Piano superiore: due ballatoi scoperti
Datazione : Fazello : origine saracena
Nicotra : saraceno
Villabianca : prima del 1000 poiché era proprietà dei progenitori di Hamud che dal Castello prese il nome di Burgio (luogo fortificato)
Bellafiore : palazzo-torre eretto tra il XIII ed il XIV secolo
Conservazione: Recentemente ristrutturato
Visitabilità : visitabile anche all'interno
Storia
Il castello di Burgio sorge su un’altura sopra l'attuale paese; è edificato sulla roccia dura ed è circondato da due torrenti (Garella e Tina) che anticamente fungevano pure da fossato per separarlo dal resto della terra.
L’ingresso del Castello è posto sul lato frontale ed è costituito da un arco ogivale a doppio rincasso, accessibile soltanto attraverso una scala rimovibile.
La facciata del castello guarda a mezzogiorno e nel muro verso oriente è collocata una finestra bifora.
L’interno è a due livelli, divisi in sale spaziose collegate da una scala interna.
Nel castello è presente una sala destinata anticamente a cappella.
Per raggiungere la fortezza si deve affrontare una lunga e faticosa scalinata, che porta direttamente alla spianata posta davanti al castello, prima suo cortile interno.
Sulla spianata sorge una grande Croce, protagonista delle funzioni religiose del Venerdì Santo, quando tutto il paese si reca in processione al Calvario di Cristo, a mezzogiorno.
Attorno al castello sorge la parte più alta di Burgio, di impronta araba, caratterizzata da un impianto urbanistico formato da strade strette e tortuose, piccole case ed archi.
Il Castello, in parte distrutto, è stato oggetto di ristrutturazione in questi ultimi anni; in questo modo è possibile visitarlo anche internamente.
Le chiese
Burgio è sempre stata caratterizzata da una cospicua presenza di Chiese, segno di una religiosità molto diffusa. Nel 1705 a Burgio nacque il Venerabile Andrea, al secolo Nicolò Sciortino e in quello stesso periodo la cittadina contava un numero significativo di monasteri, Chiese e congregazioni.
Oggi, di quell'immenso patrimonio artistico e storico restano testimonianze che l'Amministrazione attuale sta recuperando grazie a finanziamenti anche esterni.
S. Antonio Abate (Chiesa Madre)
Non esistono documenti riguardo alla data di edificazione della Chiesa dedicata a S.Antonio Abate, protettore di Burgio.
E' probabile, da fonti storiche attendibili, che ciò avvenne durante la dominazione normanna.
Andata in rovina, sulle sue pietre fu riedificata l'attuale Chiesa in stile rinascimentale, mentre il campanile risale al sec. XVI e l'intero edificio fu radicalmente restaurato nel 1749.
E' larga 46 metri, larga 23,70 ed alta 12.
A pianta longitudinale, l'interno della Chiesa è a tre navate con il tetto a botte; le navate laterali sono con copertura a volte a crociera romana, con applicazioni di stucchi dorati.
Le navate sono divise da dieci colonne con capitelli corinzi.
Lungo le navate, all'interno di cappelle laterali più volte riprese da un punto di vista pittorico ed architettonico, trovano collocazione ben undici altari e tutti custodiscono opere d'arte che, in alcuni casi, sono di estremo valore artistico e storico.
I portali di ingresso, tre, sono massicci e decorati con fregi in pietra.
Esternamente è possibile vedere l'abside centrale cilindrica; le altre due, meno alte e profonde della centrale, appaiono più incassate nelle mura esterne.
Sempre dall'esterno è visibile il campanile con quattro campane bronzee e l'orologio comunale.
Sul portale di ingresso, lato destro Nord del 1846, la lunetta contiene le statue della Madonna, di S. Antonio Abate e di S. Nicola di Bari .
Una recente interpretazione dello storico Magistri sostiene, invece, che quest'ultima statua sia S.Nicasio da Burgio.
Il pavimento interno della Chiesa è in marmo bianco e grigio ed il suo primo restauro risale al 1926 mentre il secondo, consistente nella levigazione, è del 1998.
Il presbiterio è circondato da un coro ligneo del 1600 che, in passato, ospitava i sacerdoti ed i frati per la celebrazione delle solenni liturgie.
Caduto in rovina, è stato recentemente restaurato e riportato ad un buono stato insieme al pulpito in legno di noce, finemente intagliato, anch'esso del XVII secolo.
Cappella dell'Icona della Madonna della Consolazione
Due ipotesi si contendono la verità circa la data di realizzazione dell'opera : la prima la fa risalire al XVI secolo (G.Vaccaro) poiché in quella data avvenne lo stanziamento in Sicilia di un gruppo di albanesi di rito greco-ortodosso. L'icona, quindi, sarebbe stata dipinta da un autore locale o albanese poiché Burgio risentì dell'influenza di questi albanesi che vivevano in paesi della stessa diocesi.
Altri, invece, datano l'opera all'XI-XII secolo quando nel territorio del bosco di Rifesi sorsero comunità religiose legate a santuari e monasteri limitrofi.
L'Icona, secondo questa teoria sarebbe contemporanea del SS. Crocifisso del Rifesi e inizialmente custodita nel Santuario normanno di Rifesi; nel XVI secolo, in seguito all'edificazione della Chiesa Madre, sarebbe stata trasportata qui insieme al Crocifisso stesso ubicato in una cappelletta attigua.
L'Icona fu trafugata dalla Chiesa negli anni '60 e di essa si persero le tracce sino al 1992, anno in cui, in situazioni misteriose e mai accertate, fu fatta ritrovare a Catania tramite il Vescovo Luigi Bommarito al quale un bigliettino allegato diceva :"Lo rimetta al suo posto".
Oggi l'opera è stata ricollocata all'interno della Cappella dell'Icona ricavata nella Chiesa Madre di Burgio.
L'autore dell'opera è ignoto. In stile bizantino, dipinta a tempera su legno ,gesso e lamina d'oro, egli ha rappresentato la figura della Madonna con in braccio il Bambino come una Odigitria cioè Maria che indica la via "Gesù".
Cappella della Madonna delle Grazie
Detta anche della "Madonna di Trapani", la cappella ospita stucchi e decorazioni del 1596, opera di Antonino Ferraro.
Pregevoli i due anziani monaci che supportano l'arca della Madonna dell'Itria.
All'interno della Cappella spicca per bellezza e splendore la Madonna delle Grazie, opera di Vincenzo Gagini (1566).
La statua è sostenuta da una base con scene della Passione ("Cristo davanti a Pilato", "la Flagellazione", la "Crocifissione") definite, probabilmente, dallo stesso Gagini.
A quest'ultimo sono, infine, da attribuire i cinque bassorilievi di marmo dell'altare sottostante : "Cena Eucaristica", "Lavanda dei piedi", "Orazione all'orto", "Ecce Homo", Condanna del Nazareno".
S.M. della Misericordia
E' stata costruita, con ogni probabilità, nel 1175.
Originariamente doveva essere angusta tanto che, per consentire una maggiore capacità di accoglienza dei fedeli, nel 1798 iniziarono i lavori di ampliamento terminati nel 1828. Qualche anno dopo, nel 1836, i fratelli Pietro e Felice Zito, burgitani, realizzarono gli stucchi interni.
Nella Chiesa è custodita la statua della Madonna addolorata che viene fatta sfilare in processione il giorno del Venerdì Santo. Maria SS. Immacolata, o Motta Le origini della Chiesa sono da ricondurre ad una antica memoria secondo la quale nei pressi della chiesa viveva un generale Saraceno di nome Motte; in seguito alla sua conversione al cristianesimo egli fece edificare un oratorio all'interno del quale c'era una cappelletta con dentro l'immagine di una Madonna.
I fedeli, secondo la leggenda, passandole davanti si inginocchiavano perché la Madonna era miracolosa; il miracolo avvenne quando un cavaliere, passando davanti all'immagine, non si inginocchiò ma il suo cavallo, quasi a volerlo rimproverare, lo fece per lui.
Questo accrebbe la devozione popolare e, nel XVII secolo, la cappelletta fu sostituita da una Chiesa vera e propria, dedicata alla Madonna della Motta.
S. Luca
Da atti scritti della compagnia di S. Luca, è molto probabile che la Chiesa di S. Luca fosse esistente già dal 1306. Subì diversi e radicali restauri nel secoli successivi e, in particolare, nel 1617 come recita la data scolpita nella porta maggiore.
La facciata esterna è molto semplice se non fosse da un portale in pietra intagliata, architravato.
Al suo interno, ad unica navata, è presente una cappella dedicata a M. SS. del Rosario del 1563.
Vicino all'altare maggiore è custodita la statua lignea di S. Luca che fu probabilmente realizzata da artisti di Chiusa Sclafani nel XVI secolo. La bara di S. Luca, invece, in legno dorato, è opera del calabrese Lorenzo Seminara.
Dello stesso periodo è l'Annunciazione realizzata, con ogni probabilità, da Silvio Lo Cascio, artista locale che ebbe contatti significativi con la bottega del Gagini a Palermo. Il pavimento è realizzato con mattonelle maiolicate di antica fattura burgitana.
Maria SS. del Carmelo
Dedicata in origine a S. Sebastiano, la Chiesa nel 1460 prese il nome dall'attiguo monastero dei Carmelitani.
Negli anni fu decorata (1750) e restaurata a partire dal 1892.
Al suo interno la "Madonna del Carmelo e San Simone" del XVIII secolo e l'urna del "Cristo morto" che viene condotta in processione il Venerdì Santo.
S. Vito
Quando nel 1522 la confraternita di S. Vito commissionò ad Antonio Gagini la scultura del Santo, la Chiesa omonima già esisteva. Essa fu restaurata nel 1616 e successivamente, come appare dall'aspetto del campanile e della facciata manieristica.
L'interno della Chiesa, in stucchi bianchi, è ad una navata con tre altari per lato.
Su uno di essi è alloggiata la statua di S. Vito con a fianco due cani ; essa presenta alla sua base alcuni bassorilievi che rappresentano S. Vito inginocchiato.
Datata 1522, l'opera autografa del Gagini è un pezzo d'arte rinascimentale.
Nella Chiesa è pure presente la Bara processionale di S.Vito in legno dorato appartenente, con ogni probabilità, a Benedetto Marabitti (XVII sec.).
S. Caterina
Annessa al Monastero omonimo, la Chiesa di S. Caterina è in stile rococò, con stucchi bianchi e balconcini dorati.
All'interno alcune statue in legno tra le quali S. Caterina d'Alessandria del 1772 e S. Benedetto.
Presente anche un crocifisso ligneo del XVII secolo.
S. Giuseppe
Ad unica navata interamente decorata con stucchi ed affreschi, la Chiesa è stata edificata nel 1623. La volta è a botte con affreschi della "Gloria del Paradiso". Sull'altare sono collocate tre statue della Sacra Famiglia del XVII secolo, in legno dorato.
Chiesa del Convento dei Cappuccini
La Chiesa è annessa al Convento e fu edificata, insieme ad esso, nella prima metà del XVII secolo.
Ad unica navata, sull'altare maggiore sono custoditi busti reliquari in legno, opera di frati cappuccini. Presente all'interno una tela dello Zoppo di Gangi ("Sette Sacramenti") del XVII secolo.
Altre tele si trovano lungo i lati della navata e sono opere del pittore cappuccino fra Felice da Sambuca, del XVIII secolo.
All'interno della Sacrestia campeggia una grande tela raffigurante il Venerabile Andrea da Burgio, frate cappuccino in odore di santità, del quale nel convento è custodita la cella con annessi alcuni interessanti documenti della sua vita.
Convento di Santa Maria delle Grazie
La Chiesa è inglobata nel Convento. All'interno un magnifico Chiostro è circondato da un quadriportico colonnato dentro al quale c'è un giardino ben curato ed un pozzo. La Chiesa è ad una navata in stile barocco.
Di pregevole fattura la statua di "Sant' Anna e Maria Bambina" del 1668. Essa fu donata dal principe di Campofranco e, con molta probabilità, è attribuibile allo scultore palermitano Gaspare Guercio.
l Santuario di Rifesi : origini storiche
Il Santuario della Madonna di Rifesi fu edificato nel 1170 dal normanno Ansaldo, castellano del Palazzo Reale di Palermo durante il vescovato ad Agrigento di Gentile.
Fu un monastero dedicato alla Madonna e detto “Priorato di S.Maria Rifesi e della SS. Trinità”.
Nel 1188 il Vescovo di Agrigento Bartolomeo concesse ad alcuni monaci di insediarsi in questo monastero; essi erano giunti grazie ad alcune navi normanne sotto il regno di Guglielmo II ed erano fuggiti dalla Siria dopo la caduta di Gerusalemme.
Nei secoli il monastero si mantenne intatto, mantenendo anche la sua funzione religiosa nell’ampio territorio circostante.
Di eredità in eredità, seguì le sorti del feudo nel quale era stato edificato e dal quale aveva preso il nome : Rifesi.
La qualifica di «santuario » è stata ufficialmente concessa dal Vescovo Mons. Luigi Bommarito il 5 novembre del 1987 che, su richiesta del Vicario Generale Mons. Angelo Noto, ha confermato con atto dell’autorità ecclesiastica una definizione tramandata nei secoli.
Caratteristiche architettoniche
Il Santuario è costituito da una Chiesa e da un annesso monastero benedettino, edificato secondo lo stile architettonico dell’arte normanna.
Dista da Burgio circa otto chilometri e sorge ad un’altezza di 807 metri dal livello del mare.
Si presenta all’improvviso, dopo avere superato, circondati da querce secolari del bosco dei Sicani, la strada sterrata che lo unisce al paese.
Maestoso nella sua normanna bellezza, il Santuario oggi non è più totalmente agibile. Resta, infatti, in piedi soltanto la Chiesa, recentemente ristrutturata grazie ad un intervento finanziato negli anni 80 dalla Sovrintendenza di Agrigento.
I restauri hanno permesso di ridefinire i capitelli delle colonne che ripropongono motivi geometrici di stampo bizantino. A scalpellini di queste origini, quindi, si fa risalire la manodopera della Chiesa.
Anche il tetto è stato recentemente restaurato. La Chiesa si presenta internamente con tre absidi e pareti affrescate probabilmente nel XVII secolo.
Si accede all’interno attraverso un portale in legno sulla cui archivolta si raffigurano i ritratti del castellano Ansaldo e del Vescovo Gentile.
All’esterno è visibile il campanile a torre ed al suo interno una cappella con un altare.
Intorno, invece, rimangono soltanto i ruderi dell’antico monastero. Osservandoli, è possibile immaginare la grandezza che doveva avere il tutto, con ampie arcate, il chiostro ed il pozzo ad esso annesso. Tra la Chiesa e l’attiguo monastero, uniti dal lato sinistro, c’era comunicazione.
Attorno al monastero ed alla Chiesa doveva sorgere una barriera difensiva costituita, probabilmente, da possenti mura come testimonia l’ampio fossato circostante.
All’interno della Chiesa era ospitato un Crocifisso in legno, di povera fattura ma importante per la devozione che ad esso prestano gli abitanti del paese. Proprio per questo, l’antico Crocifisso del XII secolo, è oggi custodito nella Chiesa Madre di Burgio e qui viene portato in solenne processione ogni seconda domenica di Agosto.
Per il resto dell’anno, sull’abside a destra è custodita soltanto la copia in legno del reale Crocifisso.
La leggenda del Crocifisso
Si narra che il Crocifisso ligneo sia stata scolpito nel 1200 da un pastore che utilizzò il legno di un albero. Riuscì a scolpire tutto il Cristo tranne la testa.
La leggenda racconta che proprio la testa già scolpita fu trovata dal pastore ai piedi di una quercia detta la «celsa di lu Signuri»; ma l’incredibile è che quella stessa quercia, in seguito, fu colpita da un fulmine e di essa rimase un fusto monco, dalle sembianze di una croce.
Un’altra leggenda che si racconta ancora oggi è che il Crocifisso custodito nella Chiesa doveva essere trasferito definitivamente a Bivona ma, durante il percorso, un violentissimo temporale abbattutosi su Burgio ingrossò il fiume di un torrente impedendo ai suoi trasportatori il prosieguo del cammino.
L’evento fu interpretato come un segno che il Crocifisso stesso non volesse allontanarsi dal paese.
Il Crocifisso di Rifesi oggi si trova in una Cappella a lui dedicata nella Chiesa Madre di Burgio.
Nel 1982 è stato oggetto di restauro da parte del prof. Ernesto Geraci del laboratorio di restauro del Museo Regionale di Messina; ultimato, nel 1982 è ritornato a Burgio e sistemato nella cappella.
All’interno della stessa c’è un altare in marmo decorato in oro dal pittore Francesco Vetrano di Villafranca Sicula nel 1931. Sulla volta della cappella è scritto in latino :”Christus Heri Hodie et in Saecula”.
L’altare, chiuso da un’inferriata del ‘700, è adornato da 10 candelieri in legno e da vasi di ceramica di Burgio.
La processione ad Agosto
Ogni seconda domenica di Agosto, da tempo immemorabile, avviene la processione del Crocifisso di Rifesi che dalla Chiesa Madre viene trasportato verso il Santuario.
La processione ha inizio nelle primissime ore del mattino e vede la partecipazione accorata di tutta la popolazione di Burgio.
Le antichissime origini di questo rito sono molto legate alla profonda devozione che lega i burgitani al Crocifisso.
La statuetta lignea,infatti, era prima custodita nel Santuario di Rifesi e trasportata a Burgio in tempo di pubbliche calamità, solo su concessione del padrone di Rifesi, il quale chiedeva in mallevadoria 400 onze.
A chi portava il Crocifisso al Santuario erano distribuite fette di pane benedetto; dopo due mesi la stauetta veniva ricondotta in paese, a meno che, per ottenere piogge abbondanti, non si sentisse il bisogno di riportarla indietro tempo prima.
Altre chiese esistenti
S. Nicolò di Bari Esisteva già nel 1584.
S. Lucia Già in piedi nel 1620, è limitrofa ad un monastero abitato dagli agostiniani.
S. Rocco Edificata prima del 1623.
S. Giuseppe Edificata nel 1623 e restaurata in diverse occasioni negli anni successivi.
S. Rosalia Del secolo XVIII.
M. SS. della Pace Non si conosce la data di edificazione ma sembra che sia stata l'oratorio della confraternita del Carmelo.
Ss. Antonio, Atanasio e Paolino Edificata nel 1580 dal Notaio Matteo Comparino. Non fu successivamente restaurata dagli eredi tanto che, nel tempo, andò in rovina. La sua denominazione fu ripresa da una nuova edificazione sorta dalle sue rovine e fatta erigere dal sac. A. Ferrantelli nel 1882.
M. SS. delle Grazie Detta di "Garella", fu edificata nel XVII secolo dai burgitani che avevano ricevuto in dono dal p. Diego Turano l'immagine della Madonna.
M. SS. della Consolazione Detta di "Gazzana" per la contrada in cui sorge. Edificata nel 1677, possiede al suo interno un quadro della Madonna.
Madonna dell'Orto Esisteva già nel 1681.
I portali in pietra
Sin da epoche remote, gli abitanti di Burgio hanno saputo utilizzare le numerose risorse del territorio.
Le cave di pietra scavate ed oggi ancora visibili, sono la testimonianza di quanto importante sia stata, nel tempo, l'estrazione e la lavorazione della pietra.
"Le cave di pietra, che trovansi a poca distanza dall'abitato, sono fonte di guadagno per alcune altre famiglie.
Le sue speciali condizioni di solidità, la sua lunga durata all'aria, senza deterioramento, rendono la nostra pietra molto apprezzata e ricercata anche dai paesi vicini, a cui i nostri picconieri, esperti anche nel maneggio dello scalpello, la forniscono lavorata, ad uso specialmente di ornamenti architettonici". (Giuseppe Vaccaro, Notizie su Burgio, 1921).
Le cave, anticamente dette pirriera dal francese pierre cioè pietra, si trovavano nelle vicinanze del paese, appena fuori dall'abitato.
I pirriatura (picconatori) andavano ogni mattina a lavorare nelle cave e da esse estraevano i blocchi di pietra da rivendere agli artigiani scalpellini di Burgio.
Questi, a loro volta, realizzavano i manufatti in pietra che erano stati loro commissionati.
Tra gli scalpellini si distinsero i Polizzi.
Le cave più importanti erano di proprietà della famiglia De Michele e da essi si estraeva una pietra molto dura e resistente, adatta alla costruzione sia di manufatti artistici che di strutture architettoniche come i portali.
L'unica cava attualmente attiva si trova oggi a nord del paese, nella zona del quartiere S. Maria, ed è di proprietà della famiglia Sala.
L'ornamento architettonico del portale in pietra diventa predominante nella Burgio del XIX secolo.
Le famiglie più ricche si distinguevano proprio attraverso l'abbellimento del portone di casa fregiato e ornato da portali finemente lavorati.
Così pure le Chiese ed i palazzi nobiliari che, attraverso i portali, si differenziavano anche come classe sociale.
Le decorazioni sono costituite da composizioni floreali, a bassorilievo, medaglioni a fogliame.
Alcuni portoni presentano, in bassorilievo, le iniziali del cognome della famiglia; altri, quale simbolo di fecondità e
prosperità, usano rappresentare sul portone di casa gli organi genitali maschili. Oggi a Burgio le famiglie stanno riscoprendo l'importanza architettonica di queste ricchezze e molti le hanno restaurato ridando dignità ad una storia locale che arricchisce le strade con più di cento portali in pietra.
Oggi a Burgio la tradizione degli scalpellini continua.
Numerose sono le botteghe artigiane che stanno riprendendo vigore grazie anche alla diffusione del turismo locale.
L'artigianato del territorio propone, così, prodotti in pietra e ferro battuto e/o ceramica e per i giovani si aprono prospettive nuove di lavoro.
Il museo delle Mummie
Suggestiva ed al tempo stesso intrigante : così possiamo definire la visita al Museo delle Mummie recentemente inaugurato al Convento dei Cappuccini di Burgio.
Attraverso un finanziamento della Comunità Europea hanno ripreso forma una cinquantina di mummie prima abbandonate al degrado ed alla distruzione.
I lavori di restauro sono stati condotti dall'architetto Umberto di Cristina che ha sapientemente mantenuto intatto lo spirito originario dello stile francescano.
I restauri hanno riguardato il monastero, la Chiesa dei Cappuccini, la cripta e le mummie.
Chi si è occupato del restauro ha dovuto faticare molto per rimettere ordine tra i resti di ossa, insetti, stracci, ragnatele. Ma, con pazienza e competenza, tutto ha ripreso forma ed oggi l'intero convento è ritornato all'antico splendore restituendo ai corpi restaurati la dignità di una dimora.
La cripta, oggi Museo delle mummie, si trova sulla sinistra dell'unica navata della Chiesa dei Cappuccini, ubicata ai piedi del paese di Burgio, accanto al cimitero monumentale anch'esso ristrutturato di recente.
Il convento, la cripta e le mummie sono state sottoposte ad un delicatissimo restauro.
Il convento di Burgio (edificato tra il 1634 ed il 1647, in sostituzione del primitivo romitorio -1580) venne secondariamente ricostruito ricalcando il modello costruttivo di Antonio da Pordenone: chiesa ad una navata, coperta a capanna, con un rudimentale, singolare sistema di capriate in muratura, poggianti sulla volta della chiesa in modo che il tetto potesse stare, sia pure a mala pena, in piedi; prospetto semplicissimo, rivolto verso la cittadina di Burgio, con un piccolo campanile a vela.
Alla sinistra della navata, la sepoltura, una cripta con piccole nicchie per ospitare le mummie di religiosi e benefattori. Sulla destra il corpo a due elevazioni delle celle del convento.
Il lavoro di risistemazione dei corpi mummificati rinvenuti nelle casse non è stato semplice : corpi e vesti sono stati disinfestati e disinfettati e, alla fine di questo procedimento che ha visto anche l'impiego di tecnologie particolari ed esami di laboratorio, i corpi sono stati denudati per permettere il restauro separato di scheletri e tessuti.
Tutto, compreso i corredi funebri, sono del XVIII, del XlX e del XX secolo. Si tratta di tessuti anche pregiati, velluti, sete, taffettà, lini, merletti, pizzi, oltre che di monili, di corone di spine, coronane di grani per il rosario, di scapolari, cappelli, scarpe, calze ed altri piccoli oggetti.
I cappuccini usano particolari tecniche di mummificazione dei cadaveri : dopo averli denudati e depurati dagli organi interni, i corpi venivano fatti purgare per un anno in appositi colatoi per essere poi essiccati, ripuliti e profumati con unguenti aromatici; alla fine i corpi venivano riempiti con stoppie e tenuti in piedi con bastoni.
Ogni cadavere riprendeva forma attraverso i vestiti scelti dalle rispettive famiglie e poi erano sistemati nelle nicchie della cripta oppure dentro le casse di legno, talvolta insieme ad altri familiari.
Nella Chiesa dei Cappuccini di Burgio sono state rinvenute ben 49 mummie, esposte oggi nell' antica cripta trasformata in museo.
Il Museo è visitabile tutti i giorni, domenica compreso, contattando l'Ufficio Turistico del Comune di Burgio che potrà disporre anche l'accompagnamento con una guida.
Per prenotazioni ed informazioni :
Dott.ssa Vincenza Miceli, 0925/65013 - Fax : 092565007; Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Il restauro del Convento dei Cappuccini è dovuto a Umberto Di Cristina,
Giuseppe Ferraro e Rosanna Magri con la collaborazione di Vincenzo
Giacchino e Sabina Di Cristina. I lavori principali sono stati eseguiti
dalla ditta Rizzo Costruzioni, capogruppo di apposita A.T.I., il restauro
delle mummie è stato eseguito da Mario Genovese e Milena Ciceri, quello
delle tele da Francesco Minniti e quello delle casse e degli arredi lignei da
Stefania Caramanna e soci del Consorzio Pragma.
L'importo complessivo dei lavori è stato di Euro 2.146.395.
Il lavori di restauro sono stati eseguiti, con fondi della Comunità Europea,
tra il 1999 ed il 2001 essendo Sindaco di Burgio Mariano Merlino.